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IL RACCONTO DI SASHA
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IL RACCONTO DI SASHA

Avevo due mesi quando mi hanno chiamato Sasha, e gli inizi, vi assicuro, sono stati difficili.
Quelli che mi hanno adottata mi hanno portato in un campo vicino al mare, ma a sera se ne andavano e io restavo al buio, senza una cuccia o un recinto, sentivo rumori inquietanti, vedevo ombre aggirarsi: volpi, cinghiali? Non so, io ero sola, senza una mamma o dei fratellini a cui stringermi, quanta paura! Ma quando sorgeva il sole il mondo si illuminava e arrivavano loro: era la felicità; quante pipì a pancia in su nel rivederli, a volte ci scappava anche qualche carezza.
Ogni tanto passava un tizio con i suoi cani, alzava il sopracciglio sinistro e veniva a farmi una carezza, io regalavo anche a lui una pipì, poi se ne andava.
Quando sono cresciuta mi hanno portato a casa; era una pacchia, la notte stavo fuori, ma di giorno potevo entrare in casa, avevo da mangiare tutti i giorni, potevo seguirli e guardarli lavorare, e la notte le strade illuminate fanno meno paura di una campagna buia.
La pacchia è finita con il primo calore. A me, quando era il momento, i maschi piacevano, eccome! Uno soprattutto mi piaceva: un randagione dal pelo lungo che restava con me, mi proteggeva, mandava via gli altri. I miei padroni ridevano e mi lasciavano fare; che bello: un padrone, un maschio, una quasi casa!
Ma quando ho partorito mi hanno riportato in campagna con i miei nove cuccioli, questa volta dentro un recinto chiuso da una rete. Una rete può andare bene per i polli! Ho scavato un po', uno alla volta ho preso i miei cuccioli e sono tornata a casa. Mi hanno detto che sono una stronza, ci hanno riportato nel recinto e quando ho riprovato a scappare ho trovato la porta chiusa e niente più cibo. Finché ho potuto ho allattato i miei cuccioli, ogni tanto ne spariva uno, chissà dove sono finiti, poveri figli. Quando sono rimasta sola sono tornata davanti alla mia casa, ma la porta rimaneva chiusa, il cibo non riappariva, io dormivo sul marciapiede e aspettavo.
Ogni tanto passava in macchina il tizio, alzava il sopracciglio destro e tornava con una scatoletta. Una volta mi ha anche messo una roba che chiamano guinzaglio e mi ha caricato in macchina, ma io volevo la mia casa. Mi sono girata e rigirata, ingarbugliata nel guinzaglio, ho urlato e prima che riuscisse a chiudere lo sportello sono scappata. Gli ho permesso di avvicinarmi solo per togliermi il guinzaglio e via di corsa, da lui non ho più accettato carezze.
Comunque dopo qualche giorno l'ho sentito parlare con il mio padrone: non capivo ancora bene il linguaggio degli umani, ma tornavano spesso le parole sterilizzare e mangiare. La porta è rimasta chiusa, ma almeno sono ricomparsi gli avanzi e mi hanno di nuovo permesso di seguirli.
Sono passati sei mesi, è ritornata la stagione dell'amore, è tornato il randagione: ho partorito dodici cuccioli.
Il tizio non li ha mai visti, ma una volta il mio padrone glielo ha raccontato, orgoglioso della mia fertilità. Il tizio ha chiesto dove fossero i cuccioli e gli ha risposto che li aveva regalati, allora ha alzato tutti e due i sopraccigli (quanti sopraccigli ha questo tizio!) e ha detto che se permetteva mi avrebbe fatto sterilizzare lui.
E così comincia la mia seconda vita. Il tizio (d'ora in poi lo chiamerò Alessandro, siamo diventati amici) mi ha preso e portato in un posto dove mi sono addormentata. Al risveglio avevo tanti dolori e il mondo era cambiato. Mi ha portato a casa in un posto che chiama mansarda, mi portava spesso cibo e medicine, mi faceva carezze, mi ha tolto decine di zecche. Quando ho cominciato a stare meglio mi ha lasciato scendere e ho fatto conoscenza con gli altri cinque, poi, finita la convalescenza, mi ha riportato a casa, sul mio marciapiede, dai miei padroni.
Ma non finisce così: i miei padroni hanno deciso che non mi potevano più tenere lì: capisco che hanno una sacco di problemi, ma ero ripulita dalle zecche, sterilizzata, non ci sarebbero più stati né cuccioli né corteggi di maschi e a me bastava dormire sotto il balcone, mangiare gli avanzi, giocare con gli altri randagi e aspettarli.
Volevano mandarmi in campagna; quando Alessandro l'ha saputo ha rialzato i sopraccigli: dice che qui in Calabria andare in campagna vuol dire stare legata a un palo, e per quanto io abbia fatto una vita di merda (lo dice lui, io non lo so, ho semplicemente fatto la mia vita) almeno sono sempre stata libera. Così mi ha ripreso e portata a casa.
Qui sto bene: Alessandro è gentile; Gelbie, Buck, Pia, Birillo e Chicco all'inizio mi hanno fatto qualche gavettone ma è normale, adesso mi lasciano stare e cominciano a giocare con me; tutte le mattine facciamo una passeggiata; la cosa più importante è che la notte non mi fa più paura: dormo in una cuccia morbida, al sicuro, dentro casa.
Però Alessandro dice che qui non posso stare e devo cercarmi una famiglia vera.
Dice che sei cani sono troppi, che ha solo due mani per fare carezze, che non è giusto né per lui, che non può goderci quanto vorrebbe, né per noi, che non possiamo avere tutte le attenzioni a cui avremmo diritto. Dice che sono una cagnetta meravigliosa, docile, dolce, intelligente, affettuosa, che vado d'accordo con tutti, che ho subito imparato a fidarmi, ad andare al guinzaglio, a salire e scendere dalla macchina, e che insomma in una famiglia che avesse solo uno o due cani potrei avere tutto l'amore che merito, non il suo diviso per sei.
Poi dice che è vecchio e non vuole più cani giovani, dice che se il destino lo farà vivere più dei suoi cani ne prenderà uno vecchio come lui con cui guardare i tramonti. Gli umani hanno strani gusti e preoccupazioni. Io gli dico che però ha tenuto Chicco che è giovane come me, ma risponde che Chicco è bruttino e non è riuscito a trovargli una casa, mentre io sono bellissima e la troverò certamente. Non capisco proprio cosa voglia dire che Chicco non è bello: a me sembra il più dolce, buffo, giocherellone e amichevole dei cinque, e ha anche un buon odore. Se siete curiosi di Chicco chiedetegli informazioni, magari qualcuno ci ripensa visto che lo raccomando io! In uno dei filmati lo vedete: è il cicciottello bianco e nero con le orecchie a punta.
Dice anche che questa per noi cani è una terra maledetta ed è sicuro che incontrerà altri ed altri cani abbandonati: se trova una bella famiglia per noi che siamo arrivati da poco potrà aiutarne altri, se invece restiamo le sue risorse sono finite: i cani che aiuta vivono in casa, dormono sul divano, ma oltre un certo limite non può andare.
Dunque, vi prego, fate felici me, Alessandro, i prossimi trovatelli: adottatemi.
Ho circa due anni, peso circa 15 chili, sono sterilizzata, sono negativa ai test per leishmaniosi e ehrlichiosi, sono sverminata e vaccinata, presto avrò il microchip.
Dicono che sono figlia di un pitbull e di un corso, qui Alessandro alza il sopracciglio sinistro e dice che se fosse vero dovrei essere ben più grande, comunque ammette che il mio muso e i miei occhioni hanno qualcosa del pitbull e del corso e assicura che sono dolcissima e mitissima. Guardate le foto per credere.
Per una buona adozione arrivo dovunque, a patto che accettiate i normali controlli pre e post affido. Potete contattare Alessandro al 3356595203, anche con whatapp o sms, o con messaggio privato sulla pagina facebook https://www.facebook.com/alessandro.brunelli.35 o scrivendo qui, sul suo blog







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